martedì 20 aprile 2010

Come misurare il passaparola

Il passaparola incide fino al 50% sulle decisioni d'acquisto, soprattutto se il consumatore acquista il bene per la prima volta o nel caso di prodotti costosi. Internet ha ulterioremente amplificato e accellerato la viralità della comunicazione, incentivando una comunicazione di tipo one to many: opinioni e commenti su brand e prodotti vengono postati on line e fatti circolare attraverso i social network, condivisi su blog e siti web di altri utenti, alimentati e diffusi on e off line.
La crescita esplosiva dei social network e degli utenti on line suscitano sempre più l'interesse aziendale, spesso disincentivato nell'agire dalla difficoltà di misurare i risultati di eventuali iniziative di tipo virale e dalla paura di non poter controllare la natura dei contenuti diffusi dagli utenti.
Per una maggior comprensione e analisi del fenomeno virale in ottica di marketing, McKinsey&Company propone una classificazione delle diverse tipologie di passaparola e un'indice di valutazione dell'efficacia del passaparola (word-of-mouth equity).
Tipologie di passaparola:
  1. Esperienziale, laddove l'opinione del consumatore derivi dall'esperienza diretta del prodotto/brand. Tale tipologia è la più diffusa, costituisce circa il 50/80% della totalità della comunicaizone virale, e spesso deriva da un sentimento negativo, in quanto l'esperienza ha in tutto o in parte disatteso le aspettative del consumatore.
  2. Consequenziale, nel caso in cui il consumatore esprima e diffonda un'opinione in reazione ad un'attività di comunicazione messa in atto dall'azienda. Tendenzilamente generano maggior reazioni in termini di passaparola le attività di marketing, piuttosto che la pubblicità.
  3. Intenzionale, come ad esempio nel caso del celebrity endorsements (letteralmente raccomandazione delle celebrità). Questo è il tipico caso di passaparola programmato e controllato direttamente dall'azienda, solitamente a pagamento e ricompreso nel marketing mix dell'aziende.
Per comprendere e misurare l'effetto del passaparola, si ricorre alla definizione del word of mouth equity: un indice di valorizzazione quantitativa e qualitativa dei messaggi virali riguardanti il brand/prodotto.

Figura. Rielaborazione personale di Exhibit 2, A new way to measure the word of mouth marketing, McKinsey, April 2010.


1. Valutazione quantitativa: calcolare il numero delle opinioni espresse e diffuse dai consumatori su un certo brand/prodotto (volume).
2. Valutazione qualitativa:
  • CHI? Chi è l'autore del messaggio originario: utente privato, professionista, amico, etc.
  • COSA? Che cosa viene comunicato: quali sono i contenuti trasmessi, la natura positiva o negativa dell'opinione e gli aspetti legati al brand/prodotto affrontati (es. Brand: eticità, politica commerciale, situazione finanziaria, etc. Prodotto: qualità, funzionalità, estetica, etc.)
  • DOVE? Quali sono gli spazi virtuali su cui viene espressa l'opinione e dove viene diffusa: social network, blog, siti web specializzati, etc.
  • COME? Da cosa deriva l'opinione dell'utente, deriva da un'esperienza diretta (passaparola esperienziale) o indiretta di chi scrive.

L'indice proposto certo non risolve il problema della misurazione degli effetti del passaparola, la struttura dell'indice presuppone infatti una ponderazione dei diversi aspetti qualitativi e l'inidividuazione numerica dei contenuti virali; già da queste prime considerazioni emergono i primi problemi e conseguenti limiti di analisi, ma ciò non toglie il grande apporto informativo e interpretativo del WOM Equity proposto.

Nell'ottica di dare un risvolto operativo e diretta applicazione all'indice di passaparola, risulta auspicabile lo sviluppo di analisi settoriali finalizzate all'individuazione dei valori di WOM equity medi per settore; un approccio essenziale e funzionale alla creazione di indici di riferimento su cui tarare e valutare i risultati del proprio brand/prodotto.

Fonte: A new way to measure the word of mouth marketing, McKinsey


Follow my blog with bloglovin

venerdì 9 aprile 2010

E-commerce del settore moda

Il settore moda nel 2009 ha generato un giro d'affari on line di oltre 300 mln di euro e nei prossimi 5 anni si stima una crescita del +351%, il settore abbigliamento on line è il primo in termini di crescita rispetto al 2008 (Tab. 1). (1) (2)


Risultati assolutamente interessanti, ancor più se considerati alla luce della particolare contingenza economica e della contrazione del settore moda nel suo complesso.
Ma coma si giustifica il boom delle vendite on line proprio ora? Si sprecano le ricerche a sostegno della validità e potenzialità dell'e-commerce, ma solo ora vediamo una consistente reazione del mercato e un aumento dell'offerta di moda on line.
Le cause di tale crescita, così repentina, sono da ricercarsi nel contesto socio-economico: la crisi economica e la prospettiva di un'alternativa profittevole, la maturità raggiunta dall'e-commerce in termini di utenti e operatori, etc. Ma più di tutto, la propositività degli operatori fashion è stata incentivata dai risultati positivi dei first movers.
Per approfondire e discutere insieme dell'argomento vi invito:
lunedì 12 aprile - ore 11

Università degli Studi di Trieste
Facoltà di Economia

aula B, piano terra

>>> Presentazione PPT


Fonte dati:
(1) Osservatorio Netcomm - School of Management del Politecnico di Milano, 2009.
(2) Ebay.co.uk, 2009.


Follow my blog with bloglovin

mercoledì 3 febbraio 2010

Web marketing per piacere o per lavoro?

Fattore comune alla base di molti degli esperti e addetti ai lavori del web marketing è sicuramente la passione personale per le nuove tecnologie, internet e in particolare il web 2.0.; ma che succede quando la passione personale, che muove l'agire del web manager, diventa obiettivo fine a sè stesso? Al di là dei limiti di budget che inevitabilmente ci riportano alla realtà, esiste una linea di sicura demarcazione tra la sperimentazione per l'impresa e la sperimentazione per puro piacere personale?

La risposta più ovvia coincide con la capacità di conseguire risultati: risultati per l'impresa, risultati in termini di contatti, risultati in termini di traffico, risultati in termini di vendite. Ma proprio a questo punto sorge un dubbio: risultati in termini di vendite?! Molto più spesso, anche solo per semplicità nel tracciare i risultati, le iniziative di web marketing sono volte ad incentivare il traffico on/off-line, aumentare la notorietà del brand, raccogliere profili degli utenti, etc. Ma non direttamente generare fatturato. Del resto per valorizzare i risultati di un'iniziativa web sarebbe corretto procedere con un'analisi di tipo differenziale, ma le obiezioni che ne deriverebbero giustificano l'omissione.

Notorietà, contatti, traffico e profili di nuovi utenti sono solo una scusa per giustificare il piacere della sperimentazione? Forse che la difficoltà di valutare e tracciare i risultati prettamente economici delle iniziative di web marketing costituisca, infine, il vero limite delle stesse? O forse il mondo virtuale ha raggiunto una tale complessità e ampiezza per cui il concetto stesso di efficienza dovrebbe essere rivisto? O forse i risultati di vendita appartengono ad un mondo, quello off-line, ormai troppo lontano e difforme dalla realtà virtuale perchè si possa stabilire una relazione diretta?

mercoledì 27 gennaio 2010

STAGE DA 30 MILA EURO AL MESE


“Cercasi studente 18-27 anni per uno stage di 90 giorni da 10mila euro al mese”. Viste le cifre potrebbe sembrare uno scherzo, ma al contrario si tratta dell’annuncio fatto da reve-prive.com, una società francese che si occupa di concorsi on line. L’azienda ha pubblicato su Internet un annuncio per uno stage stellare. Mentre in Italia lo stage è di solito un’occasione lavorativa temporanea non retribuita, in Francia è addirittura strapagata. Dalla società dicono che provare a ottenere lo stage non è difficile: bisogna registrarsi sul sito, acquistare dei crediti (per 5 euro) e rispondere a un questionario sul marketing. Il più rapido otterrà lo stage, assicurano dal sito. “L’obiettivo è di far parlare di noi”, ha detto uno dei responsabili della società, Quentin Clarisse, intervistato da Le Post.fr. “Abbiamo lanciato la nostra società nel settembre scorso, volevamo cercare un mezzo per fare parlare di noi. In più avevamo bisogno realmente di uno stagista e abbiamo deciso di lanciare un concorso”.

Che dire? Proviamoci! Unico problema è che è tutto in francese...

venerdì 15 gennaio 2010

New image STEFANEL

...work in progress...

sabato 7 novembre 2009

VI Convegno Annuale SIM - Società Italiana Marketing

Considerazioni personali di sintesi sui primi risultati delle ricerche presentate nelle sessioni parallele di CONSUMER BEHAVIOUR e COMUNICAZIONE D'IMPRESA.

"Determinanti latenti nell'intenzione d'acquisto dei fashion luxury goods: un'indagine qualitativa di tipo laddering". Gianluigi Guido, Cesare Amatulli. (*)
Acquistiamo il lusso per sentirci più sicuri, sicuri nei confronti degli altri sicuri nei confronti di noi stessi. E' la sicurezza il principale attributo di successo dei prodotti di lusso, sicurezza intesa nel senso di coerenza con sè stessi e con la propria persona.

"L'effetto dell'animosità nei processi di scelta del consumatore italiano - uno studio esplorativo". Angelo Giraldi.
Il concetto di animosità si distingue dal concetto di made in negativo (Country of Origin effect) e da etnocentrismo; l'animosità, infatti, risulta agire direttamente sull'azione d'acquisto e non sul giudizio. Tale precisazione definitoria giustifica l'interesse economico nell'individuare eventuali animosità nazionali e/o locali.

"La comunicazione del Corporate Brand nel contesto dei Social Media". Maria Vernuccio. (**)
L'analisi evidenzia un discreta propensione all'interattività delle grandi aziende, ma attenzione a non riproporre sul web le logiche degli old media. Controllo e scarsa trasparenza non sono le premesse per entrare nella Rete, la comunità virtuale premia la partecipazione di certo non il controllo.

"YouTube come canale di comunicazione: una ricerca empirica sul settore calcio". Francesca Checchinato, Marta Disegna, Paola Gazzola. Università Ca Foscari di Venezia.
Certamente il settore offre particolare partecipazione e maggior facilità nel reperire spunti di riflessione, ma volendo generalizzare e interpretare i risultati della ricerca in senso lato si rileva una considerazione interessante: il rischio di critiche e polemiche non autorizzate, in altri termini la mancanza di controllo da parte dell'impresa, costituisce uno dei principali limiti per le imprese all'utilizzo dei Social Media, ma la capacità dell'impresa di offrire un'alternativa contenutistica coerente e coinvolgente rappresenta un'ottima soluzione.


(*) Campione: 50% donne e 50% uomini, 55% coniugati, 67,5% senza figli, 100% Bari.
(**) Aziende analizzate: 100 Best Global Brands della classifica Interbrand 2009.

venerdì 6 novembre 2009

Fashion Marketing

Il IV Convegno della SIM - Società Italiana Marketing si è aperto con la presentazione dei primi risultati di una ricerca empirica dell'Università di Firenze dal titolo "La relazione tra brand e punto vendita per lo sviluppo di nuovi mercati".
La ricerca presentava i risultati di un'analisi e conseguente classificazione di tutte le informazioni reperibili dal 2004 ad oggi su alcune riviste specializzate del settore moda (Journal du Textile, Fashion, Panbianco Week) relativamente all'apertura di punti vendita all'estero di aziende italiane del settore fashion.
In questa prima fase di presentazione dei risultati, ciò che rileva segnalare a mio avviso è la conferma di un trend già conosciuto e condiviso dagli operatori del settore: negli ultimi anni il settore moda ha visto una costante crescita della rete vendite basata sui monomarca, una crescita che ha interessato la totalità dei così detti mercati maturi per poi trovare nuova linfa nei così detti mercati emergenti. Un trend di crescita costante ed inesorabile che ha alimentato la convinzione dell'assoluta convenienza e validità del monomarca come forma di vendita del settore fashion.
Quello che la ricerca non segnala, per ovvi limiti temporali e organizzativi, ma che sarebbe interessante considerare in questo particolare momento di crisi economica sono le chiusure e tutte le operazioni di rientro che le aziende stanno finalizzando.
La crisi credo abbia impattato in modo permanente sul mercato globale, mettendo in discussione i capisaldi dell'economia e le regole non scritte di ciascun settore di business; urge in tal senso una rivisitazione di tutte le conoscenze consolidate in termini di strategie e di azioni di marketing, riflettendo alla base dei costrutti di marketing fino ad arrivare ad una rielaborazione strutturata e strutturale del pensiero stesso.

Merito dell'uomo accademico è la capacità di razionalizzare e analizzare le situazioni di mercato con occhio attento e sensibile, ma spesso mancando di tempistica e realismo; merito dell'uomo di impresa, invece, la tempestività nel percepire e reagire all'evoluzione del mercato, anche se non sempre con ponderato raziocinio ma sicuramente con grande realismo.

Di seguito alcuni punti chiave del punto di vista delle imprese, sinteticamente tratti e personalmente rielaborati dagli interventi di:

Michele NORSA, AD Salvatore Ferragamo
Claudio ORREA, AD Patrizia Pepe
Stefano SASSI, AD Valentino

I CANALI DI VENDITA. La scelta della distribuzione monomarca e/o multibrand dipende molto dal posizionamento del brand e da eventuali limiti legali o culturali dei Paesi di riferimento. Per i marchi di lusso è assolutamente comprensibile e condivisibile il ricorso alla soluzione elitaria del monomarca, ma negli ultimi anni si è assistito ad un ricorso indistinto e poco ragionato a tale soluzione distributiva da parte di brand anche molto diversi tra loro. Risulta importante a tale proposito riflettere su un'eventuale ristrutturazione della rete vendita sulla base di principi prettamente economici di efficacia ed efficienza, pur consapevoli della funzione prettamente di immagine di certe location e di certe soluzioni distributive.

E-COMMERCE. Nell'ambito di un'auspicabile rivisitazione del mix distributivo, si fa sempre più preponderante il ruolo di Internet; difficilmente si può prevedere un effetto di completo cannibalismo della Rete a discapito dei canali off line, ma sicuramente la tracciabilità del new medium in termini di redemption e la mancanza di costi fissi rappresentano un'imperdibile occasione di business per le imprese.

COMUNICAZIONE. Il settore fashion e in particolare il fashion di lusso basa il suo successo sull'immagine di marca e sui valori intangibili del brand, veicolati di norma attraverso i canali tradizionali off line dell'ADV, in particolare stampa e affissione. In tale contesto Internet è sempre rimasto sullo sfondo, ma la necessità di rivedere gli investimenti in tempo di crisi e la maggior vicinanza al mercato del new medium fa presagire un cambio di rotta tutto a vantaggio della Rete e dei nuovi strumenti Social.


A conclusione della prima giornata di convegno, una serie di citazioni famose tra cui, in particolare, ho apprezzato e condiviso la riflessione di Karl Lagerfeld:

"Tutta questa crisi sembra una gigantesca pulizia di primavera, sia fisica che moral".